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Gustave Moreau il precursore del Simbolismo e La forma del buio, il libro di Zilahy

A cura di Manuela Moschin

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La forma del buio di Mirko Zilahy

La “Forma del Buio” di Mirko Zilahy è un thriller Noir molto raffinato, il secondo libro di una trilogia; un giallo psicologico che tratta di mitologia, religione, arte e letteratura. L’autore ha trattato una miscellanea di argomenti intrecciando un linguaggio ricercato, dal quale si viene trascinati in uno stato di suspense. Definisco l’autore “Il signore in giallo del duemila”, in quanto al pari dell’autrice Agatha Christie ha creato un capolavoro di scrittura appassionante. Zilahy ha la capacità di far immedesimare il lettore nei protagonisti impegnati nelle accurate indagini. L’analisi è stata eseguita nei minimi dettagli mediante una serie di deduzioni e riflessioni. Le vicende si svolgono in un clima surreale, tratteggiato da Zilahy in modo encomiabile da rendere le scenografie molto realistiche. Una serie di crimini si susseguono in svariati luoghi dell’affascinante Roma tra i quali:  la Galleria Borghese, la Villa Torlonia e il Giardino Zoologico.

Il killer, soprannominato dalla stampa “Lo Scultore”, uccide ispirandosi alla mitologia classica, impersonando figure come il Laocoonte, la Medusa, il Minotauro, il Ciclope.

Lo scrittore tratta splendidamente l’arte citando soprattutto Gustave Moreau (Fig.21-22), un artista che incarna temi come: la mitologia classica, la spiritualità orientale, la Bibbia, la cultura cristiana. Zilahy ha sapientemente fuso l’arte, la mitologia e la letteratura, soggetti che sono stati raffigurati dalla maggior parte degli artisti in molteplici modi.

Complimenti Mirko! È stato veramente un piacere leggerti.

Uno Sguardo alle Opere d’Arte citate nel libro “La Forma del Buio” di Mirko Zilahy

Il Simbolismo

Gustave Moreau “Apparizione” 1875 ca. cm.106×72 (Fig.1) Acquerello Musée d’Orsay Parigi

Il simbolismo nacque in Francia, ma si irradiò rapidamente nel resto d’Europa come corrente letteraria e artistica il 18 settembre 1886, quando su “Le Figaro” venne pubblicata la tesi dichiarata da Jean Moréas (1856-1910) (Fig.2) sul “Manifesto del Simbolismo”.

Nell’articolo venne espressa una nuova concezione nei confronti dell’estetica, inerente l’ambito letterario, artistico e musicale. Secondo la teoria simbolista, la realtà non viene individuata tramite l’esistenza oggettiva delle cose, ma si percepisce nell’idea.

In una piccola citazione di Gustave Moreau (1826-1898) è racchiuso tutto il pensiero simbolista:

Credo solo a ciò che non vedo e unicamente a ciò che sento.

In sintesi l’ideologia simbolista è basata sul mistero profondo del mondo e della vita, sulle sensazioni che si percepiscono nell’anima e non alla realtà vista con gli occhi.

Ciò che proviene dall’interno viene proiettato sulla tela. Le sensazioni si concretizzano manifestandosi in un’immagine-simbolo: ciò che è invisibile si converte in visibile.

L’artista non riproduce oggetti, ma esprime idee estraendole  e tramutandole in simboli.

I pittori simbolisti riproducevano sulla tela il mito, il sogno, l’immaginario, il fantastico e il soprannaturale; talvolta rivolgevano il loro interesse anche verso le simbologie orientali, alchemiche ed esoteriche.

Le opere molto spesso sono caratterizzate da un forte decorativismo e si contraddistinguono per le tonalità cupe per lo più raffiguranti temi mitologici e letterari, che intensificano il senso di mistero.

La letteratura era strettamente collegata al mondo dell’arte: i pittori realizzavano i loro dipinti ispirandosi agli scritti di alcuni poeti come Baudelaire, Mallarmé, Verlaine, Rimbaud.

La raccolta lirica “I Fiori del Male” di Charles Baudelaire (1821-1867)(Fig.3) diventò il simbolo della resistenza al progresso. Lo scrittore fu il precursore dei successivi poeti simbolisti. La sua poetica influenzò le arti figurative in Belgio dove divenne amico del pittore, incisore e disegnatore  Felicien Rops  (1833-1898).

Scrisse Baudelaire:

“La Natura è un tempio ove viventi colonne lasciano talvolta uscire confuse parole; l’uomo vi passa attraverso foreste di simboli che lo osservano con sguardi a lui familiari” (Corrispondenze, I Fiori del Male).

Felicien Rops esponente delle correnti simboliste, rappresentava nelle sue opere: sesso, morte e immagini sataniche. Egli creò il frontespizio per “Les épaves” (i relitti)(Fig.4) raffigurante un’immagine macabra dell’albero della vita dedicata a una selezione di poesie per “Les Fleurs du mal” (I Fiori del Male) che fu censurata in Francia e pubblicata solo in Belgio nel 1866. 

Il poeta Jean Moréas sostenne che il simbolo è l’elemento rivelatore:

“la poesia simbolista cerca di rivestire l’idea di una forma sensibile, che però, non sarebbe il suo obiettivo a sé stesso, ma che, mentre serve per esprimere l’idea, rimarrebbe soggetto”. 

Gustave Moreau (1826-1898) e Odilon Redon (1840-1916) anticiparono la corrente simbolista fin dalla metà del 1860, che nacque in contrapposizione con il Realismo e l’Impressionismo. Le  prime opere di Moreau, sebbene fossero ancora di tipo accademico, possiedono le caratteristiche del nuovo movimento, dove primeggiano i racconti biblici e i miti classici.

Il simbolismo, oltre a interessare la Francia con Gustave Moureau (Fig.1-9) Pierre Puvis de Chavannes  (Fig.5) e Odilon Redon (Fig.6) coinvolse altri Paesi europei tra i quali: Belgio, Inghilterra, Austria, Italia e Germania.

In Inghilterra il movimento simbolista venne rappresentato da William Blake e dal gruppo dei preraffaelliti, dove predominavano composizioni a carattere allegorico. La Germania, invece, ebbe pittori cosiddetti idealisti come Arnold Böcklin e Anselm Feuerbach; esponenti dello Jugendstil invece furono Hans Von Stuck e Max Klinger. In Austria il principale esponente fu Klimt con il suo esasperato decorativismo e la rappresentazione di soggetti di tipo simbolico. Il Belgio, oltre a Rops, ebbe un altro fondamentale rappresentante: Fernand Khnopff, le cui composizioni erano a carattere allegorico. Inoltre, un gruppo di artisti parigini tra i quali Sérusier, Pierre Bonnard, Maurice Denis, Paul Ranson, Henri Ibels dell’avanguardia post-impressionista, diedero vita alla pittura Nabis (profeta in ebraico). Fu Paul Sérusier allievo di Paul Gauguin anch’esso simbolista, che formò il gruppo che usava rappresentare sulla tela simboli storici e mitologici (il gruppo si dissolse dopo la partenza di Gauguin per Tahiti nel 1891). In Italia il simbolismo si manifestò qualche decennio più tardi in vari modi, soprattutto mediante il divisionismo, nel quale i dipinti erano di contenuto allegorico. I poeti simbolisti italiani furono Gabriele D’Annunzio, Giovanni Pascoli e Dino Campana.

Gabriele d’Annunzio nel giornale “Il Mattino” (1892) asserì:

L’arte espanderà la sua nuova fioritura, originale e suprema, in un’atmosfera di sogno.

Cito solo alcuni dei protagonisti della corrente simbolista italiana: Pellizza da Volpedo, Galileo Chini, Giovanni Segantini (Fig.7), Gaetano Previati (Fig.8), Giorgio De Chirico, Felice Casorati, Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Vittorio Zecchin, Giulio Aristide Sartorio, Plinio Nomellini, Vittorio Emanuele Bressanin, Cesare Laurenti, Giorgio Kienerk, Domenico Baccarini, Cesare Saccaggi, Cesare Laurenti, Francesco Lojacono, Guido Marussig, Leonardo Bistolfi e Alberto Martini.

I temi rappresentati riguardavano l’inconscio, il senso della vita e della morte, il sogno, il mito, il mistero.

Riporto una stupenda riflessione del critico d’arte e politico Giulio Carlo Argan (1909-1992) che sintetizza e analizza in modo chiaro e preciso la concezione simbolista:

L’arte non rappresenta, rivela per segni una realtà che è al di qua o al di là della coscienza. Le immagini che salgono dal profondo dell’essere umano s’incontrano con quelle che provengono dall’esterno: il dipinto è come uno schermo diafano attraverso il quale si attua una misteriosa osmosi, si stabilisce una continuità tra il mondo oggettivo e il soggettivo (G.C. Argan, L’Arte moderna 1770-1970). 

Jean Moréas (1856-1910) (Fig.2)

Charles Baudelaire, Felix Nadar 1855-1862 – Parigi Musée d’Orsay (Fig.3)

Félicien Rops 1866 Illustration for “Les Epaves” by Charles Baudelaire (Fig.4)

Pierre Puvis de Chavannes “Il sogno” (1883) Walters Art Museum di Baltimora (Fig.5)

Odilon Redon “Pegaso e le Muse” 1900, olio su tela, Parigi, Collezione privata. (Fig.6)

Giovanni Segantini “L’Angelo della vita”, 1895  Galleria d’Arte Moderna Milano (Fig.7)

Gaetano Previati “La danza delle ore”, 1899 Collezione d’Arte della Fondazione Cariplo (Fig.8)

Racconta l’autore Mirko Zilahy:

Moreau era una delle grandi, grandissime passioni di Marisa e alla fine anche lui se n’era interessato e lo aveva studiato assieme a lei, perché ogni passione di Marisa richiedeva studio. Devo ammettere che è una mia debolezza, questa. Ho sempre amato il motto che animava tutta l’arte di Moreau.

“Apparizione” di Gustave Moreau, 1875 – Acquerello Musée d’Orsay Parigi cm. 106×72 (Fig.1-9)

Gustave Moreau “Apparizione” 1875 ca. cm.106×72 (Fig.9) Acquerello Musée d’Orsay, Parigi.

“L’Apparizione”(1875) (Fig.1-9) chiamato anche “Salomé e la testa di San Giovanni Battista” è un acquerello, che sebbene non appartenga ufficialmente al periodo simbolista, in quanto come si è già detto, il simbolismo nacque più tardi formalmente nel 1886, è considerato uno degli emblemi della nuova corrente, poiché contiene tutti i caratteri riconosciuti in essa.

L’opera illustra la storia del santo tratta dal Nuovo Testamento di Matteo e Marco, dove si narra che Re Erode rinchiuse in prigione Giovanni, perché aveva osato rimproverarlo a causa del suo matrimonio illecito con Erodiade. Ella, pertanto, complottò con la figlia Salomè per farlo uccidere. Durante un’esibizione di danza, la figlia approfittò della debolezza del re per chiedergli la testa di Giovanni Battista, che le fu poi consegnata su un vassoio.

Nel Vangelo di Matteo si narra che:

“Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodiade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse:”Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista”. Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre.

Ogni artista ha una storia singolare; in ognuno di loro è importante conoscere alcuni passaggi fondamentali avvenuti nella loro vita poiché costituiscono un’ interessante fonte di informazioni. Nel caso di Moreau è basilare sapere che egli ebbe l’opportunità di consultare una ricca biblioteca, donatagli dal padre architetto, contenente testi antichi dei grandi poeti del passato come Ovidio e Dante Alighieri, i trattati pittorici di Leonardo da Vinci e Winckelmann, i trattati di architettura di Vitruvio e Leon Battista Alberti.

Questa peculiarità influì molto nella formazione dell’artista, in quanto la sua predilezione per i testi classici, lo avvicinò e appassionò alla conoscenza del passato, non quello storico, ma quello mitologico. Il pittore per i suoi dipinti si ispirò alla poesia e alla letteratura. Egli fu allievo del neoclassico Francois-Edouard Picot che gli impartì un insegnamento prettamente accademico. Moreau fu anche grande estimatore del suo maestro Theodore Chasseriau, artista abile nel disegno, del quale imitò per anni il suo stile.

Conobbe i preraffaelliti John Everett Millais (1829-1896) e William Holman Hunt (1827-1910) che incisero molto nella formazione dell’artista.

Henri Matisse (1869-1954) fu allievo di Moreau dal quale apprese l’uso acceso dei colori.

Il pittore rappresentò più volte la storia biblica di Salomé, motivo per il quale, egli fu noto come il “pittore delle Salomé”. Nel dipinto la storia e il mito si fondono, creando un ambiente mistico che si tramuta in un simbolismo suggestivo.

Il mistero appartiene alla pittura simbolista di Moreau il quale sostenne:

Un’apparenza misteriosa che sconcerta lo spettatore e lo tiene a una distanza rispettosa. 

Esistono diverse versioni dell’opera “L’Apparizione” che si differenziano in alcuni particolari riguardanti la decorazione del palazzo e la figura di Salomé.

L’opera nel suo insieme si presenta statica. Essa raffigura personaggi inseriti in un ambiente fantastico, sontuoso, orientaleggiante, ricco di elementi esotici e pervaso da una luce irreale caratterizzata da chiaroscuri dorati. Domina l’immagine terrificante della testa decollata del Battista, che levita al centro del quadro emanando una luminescenza soprannaturale. Per la testa di San Giovanni, l’artista si è ispirato a una stampa giapponese che vide al Salon di Parigi nel 1869.

Salomé, una femmina sensuale e satanica che incarna la morte, è il simbolo della lussuria  e della seduzione che impersona nella bellezza: il male e la perversione. Ella, riccamente abbigliata, punta con il braccio sinistro il Santo, che secondo gli studiosi Angelo Jacomuzzi e Bice Mortara Garavelli, intende “esorcizzare l’apparizione oggetto del suo odio e al tempo stesso della sua attrazione”. Sullo sfondo l’artista ha rappresentato un palazzo sontuoso e orientale dove appaiono Erodiade con le mani arcigne ed Erode impassibile sul trono che sta assistendo alla scena.

E’ interessante sapere che il romanziere simbolista francese Joris-Karl Huysmans (1848-1907), nel 1884 pubblicò un romanzo-manifesto intitolato “A Rebours” (Controcorrente) dove esaltò le qualità estetiche e simboliche del dipinto “Apparizione” di Gustave Moreau (1876) (Fig.1-9).

Riporto una breve citazione tratta dal romanzo di Huysmans:

…La testa decapitata del santo si era sollevata dal piatto posato sul pavimento e guardava, livida, con le labbra esangui, aperte con il collo scarlatto, gocciolante lacrime. Un mosaico circondava il volto da cui si sprigionava un’aureola irradiandosi in fasci di luce sotto i portici, illuminando spaventosa l’ascesa della testa, accendendo il globo vitreo delle pupille, fissate, quasi aggrappate alla danzatrice. Con un gesto d’orrore, Salomè respinge la terrificante visione che la inchioda, immobile, sulle punte; i suoi occhi si dilatano, la mano stringe in modo convulso la gola…

Moreau fu il pittore preferito di Marcel Proust, il quale affermò:

“L’uomo che dipingeva i suoi sogni”.

A Parigi, in Rue de la Rochefoucauld, presso la casa dell’artista è situato il Museo Nazionale Gustave-Moreau, dove sono conservate 14.000 opere tra dipinti, disegni, acquerelli, opere incompiute, alcune sculture in cera e schizzi.

L’Apparizione composizione generale Paris, Musée du Louvre, Studio relativo all’Apparizione, salone del 1876 (Parigi, Museo del Louvre, dipartimento di arti grafiche, fondi del museo d’Orsay, R.F. 2130) (Fig.10)

Studio della testa secondo il modello (per San Giovanni Battista?) Studio in connessione con l’Apparizione, Salone del 1876 (Parigi, Museo del Louvre, Dipartimento di arti grafiche, fondi del Musée d’Orsay, R.F. 2130) (Fig.11)

Studio della testa Salomé in relazione all’Apparizione (M n. 188) e / o L’apparizione, Salone del 1876 (Parigi, Museo del Louvre, Dipartimento di arti grafiche, fondi del Museo d’Orsay, R.F. 2130 (Fig.12)

Gustave Moreau e la passione per i dipinti di Vittore Carpaccio

Gustave Moreau “San Giorgio e il Drago” National Gallery Londra 1889-1890 (Fig.13)

Raffaello Sanzio “San Giorgio e il drago” 1505 Olio su tavola – cm. 31×27  Musée du Louvre Parigi (Fig.14)

Intorno al 1857 e 1859, Moreau fece un viaggio in Italia. L’artista tra le diverse città visitate (Roma, Firenze, Napoli, Milano) nel 1858 si recò anche a Venezia, dove ebbe modo di conoscere e studiare le opere di Vittore Carpaccio.

Gustave rimase talmente ammaliato dai suoi capolavori da realizzarne alcune copie. Nel 1858 eseguì la copia del “Duello di San Giorgio e il Drago” di Carpaccio (Fig.15). Come si può notare dalle figure n. 15 e 16 egli creò una copia esattamente uguale. Oltre a quest’opera realizzò anche la copia del “Congedo degli ambasciatori inglesi dalla corte di Bretagna” (Fig.17).

In seguito, dopo 30 anni dal suo viaggio in Italia, ispirandosi all’opera di Carpaccio “L’Apoteosi di San Orsola” (Fig.19), Moreau realizzò il “Fiore mistico” (Fig.20).

La figura di San Giorgio uccisore dei draghi è un tema ricorrente tra i pittori appartenenti a varie correnti pittoriche e scultoree.

La Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze o da Varagine (1228-1298) racconta che:

a Silena, una città della Libia vi era un drago una creatura mitico-leggendaria che terrorizzava gli abitanti. Essi per calmare la furia dell’animale gli offrirono due pecore al giorno, ma quando queste iniziarono a scarseggiare furono sacrificati una pecora e un giovane. Un giorno, quando venne estratta la principessa per essere condotta dal drago, comparve San Giorgio a cavallo dicendole di rimanere tranquilla perché l’avrebbe salvata nel nome di Cristo. Il Santo dopo avere ferito il drago con la lancia, disse alla ragazza di avvolgere il collo dell’animale con la sua cintura e accompagnarlo verso la città. Gli abitanti impauriti furono tranquillizzati da San Giorgio che disse:

“Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: se abbraccerete la fede in Cristo, riceverete il battesimo e io ucciderò il mostro”. La popolazione e il re si convertirono e San Giorgio uccise il drago.

Gustave Moreau rappresentò “San Giorgio e il drago” (1889-1890) (Fig.13) mediante un olio su tela che deriva da un disegno che l’artista fece circa vent’anni prima. Le figure ricordano il “San Giorgio e il drago” di Raffaello (Fig.14), ma quelle di Moreau sono in versione più astratta e decorata. Moreau avrebbe realizzato il dipinto vedendo i capolavori di Vittore Carpaccio in seguito alla visita che fece a Venezia.

Gustave Moreau 1858  – Copia dal “Duello di San Giorgio e il drago” di Vittore Carpaccio  Musée Gustave Moreau (Fig.15)

Vittore Carpaccio “Duello di San Giorgio e il drago” 1501-1502  cm 141×360 – Venezia Scuola di San Giorgio degli Schiavoni (Fig.16)

Gustave Moreau 1859 copia dal “Congedo degli ambasciatori inglesi dalla corte di Bretagna” di Vittore Carpaccio  Musée Gustave Moreau (Fig.17)

Vittore Carpaccio “Congedo degli ambasciatori inglesi della corte di Bretagna (1497-1498) Gallerie dell’Accademia Venezia (Fig.18) 

Vittore Carpaccio “Apoteosi di San Orsola 1491 Gallerie dell’Accademia Venezia (Fig.19)

Gustave Moreau “Fiore mistico” 1890 ca. Musée Gustave Moreau Parigi (Fig.20)

Gustave Moreau “Autoritratto” 1850 olio su tela cm.41×32 Musée National Gustave-Moreau ,Parigi (Fig.21)

Gustave Moreau (Fig.22)

Termino l’articolo riflettendo su una meravigliosa citazione di Gustave Moreau:

Sono così portato ai sogni, alle fantasmagorie dell’immaginazione, che mi accosto a ogni lettura o racconto di usi e civiltà lontane o scomparse con una purezza di cuore e un’istintiva ingenuità, tali da farmi sentire un bambino. Com’è possibile amare, capire o sognare l’India, le foreste del Nuovo Mondo, gli incredibili arcipelaghi dell’Oceano Orientale e la flora antidiluviana dell’Africa centrale, con uno spirito scettico e incredulo o, ancor peggio, con una pretenziosa e dotta disposizione al paradosso? Li conosco questi amanti dell’India, culla della civiltà, che fanno la prima colazione con Budda, il pranzo con Siva e la cena con Bida. Oh, sogno dei presuntuosi, dei dotti, degli insensibili, degli uomini di partito (Gustave Moreau, Note e aforismi). 

Grazie e Arrivederci in Arte Manuela

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