Recensione
A cura di Manuela Moschin
«L’amore per la letteratura, per il linguaggio, per il mistero della mente e del cuore che si rivelano in quella minuta, strana e imprevedibile combinazione di lettere e parole, di neri e gelidi caratteri stampati sulla carta, l’amore che aveva sempre nascosto come se fosse illecito e pericoloso, cominciò a esprimersi dapprima in modo incerto, poi con coraggio sempre maggiore. Infine con orgoglio».
Quando un libro percuote l’anima risulta sempre difficile da commentare. Stoner è un capolavoro dal sapore delicato con un retrogusto mielato. Un’opera che rimane incisa nel cuore. Lo scrittore era dotato di una sapiente capacità narrativa e il romanzo rappresenta senz’altro il culmine della perfezione letteraria. Pensate che, quando venne pubblicato per la prima volta nel 1965, non ebbe molto successo. In seguito, invece, divenne un best seller. Poi nel 2012 fu pubblicato in Italia da Fazi Editore.
Il protagonista William Stoner, proveniente da una famiglia di contadini, venne persuaso dal padre a iscriversi alla Facoltà di Agraria. Ben presto però William, appassionandosi di letteratura, fece deviare gli studi in questo ambito, diventando insegnante.
Nella citazione che ho riportato qui sopra, l’autore condensò in poche righe le virtù che sono racchiuse in un testo letterario. Qui William definì l’amore per la letteratura una “combinazione di lettere e parole, di neri e gelidi caratteri stampati sulla carta…”.
Ed è su questo aspetto che vorrei soffermarmi, poiché tutto, ma proprio tutto il romanzo si concentra su una prosa raffinata. Ogni parola è come una goccia d’acqua che, sommata a tante altre, formano una fonte di inesauribile saggezza.
Moltissime frasi le ho lette e rilette per gli affascinanti contenuti idilliaci. Una delle principali protagoniste è la luce che filtrava dalla finestra dello studio di Stoner, oppure semplicemente da una lampada: «Non aveva amici, e per la prima volta nella vita prese coscienza della solitudine. Certe notti, in soffitta, alzava gli occhi dal libro e contemplava gli angoli bui della stanza, dove la luce della lampada guizzava tra le ombre. Se la fissava a lungo e attentamente, l’oscurità si condensava in una luce che acquistava la forma impalpabile di ciò che stava leggendo».
La luce e i libri, pertanto, ebbero un ruolo primordiale nella sua vita. Quei testi che lo accompagnarono fino alla fine erano i suoi amici fedeli. Non vi racconto delle sue disavventure familiari o lavorative. Vorrei invece concentrarmi sull’importanza della lettura e della cultura, che in definitiva contribuirono a rendergli piacevole ogni istante.
Quindi lascerei da parte i suoi dolori per dare maggiore rilievo alle sue passioni. Coltivarle è la cosa più bella della vita. Immergere e affondare la mente nelle letture è come scoprire il battito d’ali di una farfalla, con gli occhi di un bambino.
I libri sono un viaggio introspettivo, nel quale, si percepisce un senso di pace interiore. Nella postfazione lo scrittore Peter Cameron lo definì un «miracolo letterario».
Concludo, dicendo che, durante la lettura ho avuto più volte la sensazione di nodo alla gola… e proprio nell’ultima pagina … mi è scesa una lacrima.
Postfazione di Peter Cameron
William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato; mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita; per quasi quarant’anni è infelicemente sposato alla stessa donna; ha sporadici contatti con l’amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo; per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante. Come riesce l’autore in questo miracolo letterario? A oggi ho letto Stoner tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto, ma alcuni aspetti del libro mi sono apparsi chiari. E la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria. È il caso che abbiamo davanti. La prima volta che l’ho letto sono rimasto sbalordito dalla qualità della scrittura, dalla sua pacatezza e sensibilità, dalla sua implacabile chiarezza abbinata a un tocco quanto mai delicato. Dio si nasconde nei dettagli e in questo libro i dettagli ci sono tutti: la narrazione volteggia sopra la vita di Stoner e cattura ogni volta i momenti di una realtà complessa con limpida durezza […], e attraversa con leggera grazia il cuore del lettore, ma la traccia che lascia è indelebile e profonda.
Sono Manuela Moschin, scrittrice, nata a Venezia-Mestre e attualmente vivo e lavoro in provincia di Venezia. Ho conseguito la laurea in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, indirizzo Storia dell’Arte. La mia opera prima è “ātman”. Nel mese di maggio 2022 alcuni miei scritti sono stati selezionati per “Risveglio”, un’antologia a cura di Storie di Libri, mentre nel settembre dello stesso anno ho pubblicato il saggio “Le Metamorfosi di Ovidio nell’arte”, Espera Edizioni. Nel mese di marzo 2023 ho pubblicato assieme a mia madre Mirella Alberti, deceduta, la raccolta di poesie “Un giglio bianco al 4910” a cura di Storie di Libri. Collaboro in linea diretta con storiedilibri.com e diverse testate online. Dalla mia passione per le materie umanistiche nasce il blog librarte.eu, contenitore di articoli di storia dell’arte e recensioni di libri.