Recensione di Manuela Moschin
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Ho amato moltissimo il romanzo “La mia famiglia a San Valentino” di Pasquale Cavalera per diversi motivi. Innanzitutto, si distingue per la profonda analisi dei temi sociali e morali, offrendo uno sguardo acuto su questioni di grande attualità. Ciò che mi ha colpito di più è l’architettura della trama, sviluppata con straordinaria maestria, dove la tensione rimane costantemente alta grazie a una serie di colpi di scena imprevedibili. Il finale è davvero sorprendente. Ogni rivelazione porta a nuove riflessioni, spesso molto intense, nelle quali è facile immedesimarsi. Lo stile si caratterizza per un linguaggio fluido e intuitivo. Un altro elemento che invoglia a proseguire la lettura è la suddivisione del romanzo: ogni capitolo tratta un tema diverso, ma è sapientemente collegato agli eventi precedenti.
Cavalera mostra sempre grande talento nel creare situazioni coinvolgenti e nel delineare personaggi complessi. La sua strategia narrativa è avvincente, capace di sorprendere a ogni pagina. Inoltre, ritengo che il vero punto di forza risieda nei contenuti, poiché mi sono spesso soffermata a riflettere su quanto esposto nel testo:
Quante volte pensiamo “Se avessi avuto la testa di oggi, non avrei fatto tanti errori”. Ma è giusto che sia andata così, perché senza gli sbagli passati non saremmo quello che col tempo siamo divenuti; ben venga questa sostanziale differenza di maturità dovuta allo scorrere degli anni, auspicando di avere un delta in positivo tra come si parte dal via e come si arriva al traguardo (Cavalera, 2024).
Prefazione
Una famiglia come tante nel giorno di San Valentino: cosa mai potrebbe accadere di insolito?
Ho respirato il profumo del Salento, il sapore della tradizione antica di una terra bagnata dal mare e che ha imparato attraverso i secoli a farsi accarezzare dalla sabbia fine; di sfondo, il costante invito a recuperare la nostra autenticità per affermare ciò che realmente siamo, magari sorseggiando un calice di Negroamaro rosso. O un cicchetto di ottimo rum, dipende dai gusti.
La trama si articola spedita tra provocazioni e dolorosa accettazione, per poi lavorare nello stomaco, rimandando suggestioni decise e prolungate, come i valori che contiene. Cavalera scrive senza inutili reticenze dell’amore familiare, della malattia mentale, della natura che non stupisce più, quando invece è pura magia, del prezioso ruolo che il dubbio dovrebbe tornare ad avere nella quotidianità di ciascuno di noi.
Un’opera matura in ogni suo aspetto, un arazzo multicolore che riflette un cielo trapuntato di bagliori: non siamo mai davvero soli finché restiamo in vita e questo viaggio nell’anima ne è la dimostrazione.
(Prefazione a cura di Cristina Alessandro)