«L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile».
A cura di Manuela Moschin
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“Sono nato il 18 dicembre 1879 a Münchenbuchsee. Mio padre era professore di musica” così scrive Paul Klee in una lettera del 1940, peraltro anno della sua morte. Nei primi anni di attività Klee disegnò nudi, illustrazioni e paesaggi, occupandosi anche di incisioni. Nel 1910 partecipò alla sua prima mostra collettiva al Museo di Berna, dove presentò cinquantasei incisioni. Nel 1914 si recò in Tunisia dove colpito dall’intensità del colore e della luce mediterranea scrisse nel suo diario:“Il colore mi ha preso…siamo una cosa sola io e il colore. Sono pittore”. Nel 1920 venne chiamato a insegnare pittura al Bauhaus di Weimar dove rimase per tredici anni.
Per Klee è fondamentale mantenere un legame con la natura. Pensiero che egli esprime così:“L’arte è l’immagine allegorica della creazione”. L’artista espresse la sua concezione di arte in una conferenza a Jena nel 1924, utilizzando una metafora molto significativa:
“Permettetemi di usare un’immagine, l’immagine dell’ALBERO. L’artista si preoccupa di questo mondo complesso e in qualche modo vi si è orientato, possiamo crederlo, abbastanza bene. Così gli è diventato possibile ordinare la serie dei fenomeni e delle esperienze. Quest’ordine diverso e multiplo, questa sua conoscenza delle cose della natura e della vita, vorrei paragonarlo alle RADICI dell’albero. Dalle radici affluisce nell’artista la LINFA, che attraversa lui e i suoi occhi. In tal modo egli adempie alla funzione del tronco. Premuto e commosso dalla potenza del flusso della linfa, egli lo dirige nell’opera secondo la sua visione. Come si vede il fogliame degli alberi allargarsi in tutte le direzioni, nel tempo e nello spazio, allo stesso modo accade anche per l’opera. Nessuno si sognerà di pretendere che l’albero formi il suo fogliame sul modello delle sue radici. È facile capire che non può esservi un’uguale corrispondenza tra le parti inferiore e quella superiore: funzioni diverse, che si esercitano in due campi distinti, devono per forza provocare forme diverse”.
Klee, figlio di un musicista, si occupò anche di musica:“La musica è per me come un’amante stregata. Certo, se nello spettacolo si avesse almeno una partitura, come nell’opera! Ma così, come spettatori, si è abbandonati di volta in volta all’arbitrio del regista e degli attori”.
Il viaggio in Egitto del 1928 segna una tappa importante nell’evoluzione artistica di Klee, come si evince anche dal dipinto intitolato “Monumenti a G” (la “G” sta per Giza) (Fig.4), dedicato alle grandi piramidi di El Giza.
Successivamente, nel 1933, insegnò all’Accademia di Düsseldorf. Purtroppo fu costretto ad abbandonare la Germania a causa del regime nazista che lo accusò di praticare un’arte degenerata. In seguito a questo episodio fu costretto a ritornare in Svizzera. Morì il 29 giugno del 1940 a Muralto.
L’acquerello intitolato Il Föhn nel giardino di Marc (Fig.1) del 1915, risulta un’opera al limite tra l’astratto e il figurativo. L’immagine evoca un paesaggio campestre formato da quadrati, losanghe e da triangoli che variano nelle tonalità passando da colori densi a tinte trasparenti. Sul lato destro vi è raffigurata la casa dell’amico pittore Marc, ma di essa se ne individua soltanto una porzione, mentre sullo sfondo si scorge una montagna, una serie di alberi della foresta e un fabbricato dal tetto rosso. Tutto appare in modo armonioso e leggero.
Klee si interessò al mondo infantile, ciò è dovuto anche al suo profondo legame con il figlio Felix. Nell’acquerello intitolato Adamo e la piccola Eva (Fig.2), l’artista coglie le linee essenziali della ricerca relativa al Der Blaue Reiter e all’interesse nei confronti dell’espressività dei bambini. L’artista sostenne:“Nell’arte si può anche cominciare da capo, e ciò è evidente più che altrove… a casa propria nella stanza riservata ai bambini… Anche i bambini conoscono l’arte e ci mettono molta saggezza!”. Il dipinto è un richiamo alla nascita di Eva da una costola di Adamo. Eva però nel suo dipinto rimane bambina. Adamo invece è un uomo baffuto.
Nel dipinto Fuoco nella sera (Fig.3) il nucleo dell’opera risiede nel rettangolo rosso intorno al quale si infittiscono le strisce orizzontali alludenti allo spazio desolato del deserto e delle dune, oltre agli appezzamenti di terreno irrigati dai canali.
Arrivederci in arte
Manuela
Sono Manuela Moschin, scrittrice, nata a Venezia-Mestre e attualmente vivo e lavoro in provincia di Venezia. Ho conseguito la laurea in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, indirizzo Storia dell’Arte. La mia opera prima è “ātman”. Nel mese di maggio 2022 alcuni miei scritti sono stati selezionati per “Risveglio”, un’antologia a cura di Storie di Libri, mentre nel settembre dello stesso anno ho pubblicato il saggio “Le Metamorfosi di Ovidio nell’arte”, Espera Edizioni. Nel mese di marzo 2023 ho pubblicato assieme a mia madre Mirella Alberti, deceduta, la raccolta di poesie “Un giglio bianco al 4910” a cura di Storie di Libri. Collaboro in linea diretta con storiedilibri.com e diverse testate online. Dalla mia passione per le materie umanistiche nasce il blog librarte.eu, contenitore di articoli di storia dell’arte e recensioni di libri.