A cura di Manuela Moschin
Questa dolcissima fanciulla che emerge da uno sfondo scuro è Flora, la dea della primavera, che Tiziano Vecellio (1488/1490-1576) realizzò all’inizio della sua carriera artistica.
L’artista nacque a Pieve di Cadore, ma intraprese la carriera di pittore a Venezia, formandosi con Gentile e Giovanni Bellini. Fu allievo di Giorgione con il quale, nel 1508, collaborò agli affreschi della facciata del Fondaco dei Tedeschi di Venezia, un edificio utilizzato come magazzino dai commercianti provenienti dalla Germania. Nella città lagunare Tiziano apprese l’uso del colore tonale, sviluppando uno stile personale consistente nell’uso rapido del colore.
Flora è conservata alla Galleria degli Uffizi di Firenze ed è un olio su tela che risale al 1515 circa. La giovane è stata ritratta a mezzo busto con una resa dinamica della figura, in cui la posizione della testa è leggermente reclinata.
Nella mano destra trattiene una manciata di rose, viole, gelsomini e foglie. Indossa anche un anellino tipico della promessa sposa, in quanto simbolo delle nozze, dove nel ‘500 la donna veniva metaforicamente rappresentata in veste mitologica. Con la mano sinistra invece trattiene un drappo damascato di raso rosso.
Flora, la dea della primavera, è quindi il simbolo della stagione dei matrimoni alludente alla purezza della vita.
Questo dipinto si caratterizza per una moderata sensualità, in cui l’immagine del corpo, rappresentato a mezza figura, suggerisce un discreto erotismo, esprimendo in questo modo una castità contenuta, nel rispetto della regola dell’istituto matrimoniale e non dell’astinenza.
Semicoperta da un’intima e bianca camicia, la novella sposa esibisce un solo seno, in quanto porta del cuore e dell’anima.
Le ombre del candido drappeggio, finemente pieghettato, donano un senso di profondo realismo. Il corpo appare morbido e luminoso con una tonalità calda. L’espressione della giovane evoca un momento di grande naturalezza che incarna la bellezza ideale, in cui l’effetto chiaroscurale del volto è ottenuto tramite una giustapposizione dei piani cromatici.
Sulle spalle della ragazza scendono i cappelli biondo ramati, il colore di solito utilizzato da Tiziano per le chiome delle donne che ritraeva.
L’opera faceva parte della collezione di Alfonso Lopez, ambasciatore di Spagna ad Amsterdam. Venduta poi all’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Asburgo, il quadro giunse agli Uffizi nel 1793.
A partire dal XVI secolo la tela venne riprodotta in diverse incisioni. Anche Rembrandt rielaborò la giovane Flora, oggi conservata alla National Gallery di Londra, mentre due ritratti femminili sono custoditi a Dresda e a New York.
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L’articolo è stato scritto per il sito La voce di Venezia Clicca qui per il link La Voce di Venezia.
Sono Manuela Moschin, scrittrice, nata a Venezia-Mestre e attualmente vivo e lavoro in provincia di Venezia. Ho conseguito la laurea in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, indirizzo Storia dell’Arte. La mia opera prima è “ātman”. Nel mese di maggio 2022 alcuni miei scritti sono stati selezionati per “Risveglio”, un’antologia a cura di Storie di Libri, mentre nel settembre dello stesso anno ho pubblicato il saggio “Le Metamorfosi di Ovidio nell’arte”, Espera Edizioni. Nel mese di marzo 2023 ho pubblicato assieme a mia madre Mirella Alberti, deceduta, la raccolta di poesie “Un giglio bianco al 4910” a cura di Storie di Libri. Collaboro in linea diretta con storiedilibri.com e diverse testate online. Dalla mia passione per le materie umanistiche nasce il blog librarte.eu, contenitore di articoli di storia dell’arte e recensioni di libri.