
A cura di Manuela Moschin
Il dipinto La Tempesta di Giorgione (Castelfranco Veneto, 1478 – Venezia, 1510), conservato nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, è da sempre avvolto da un ricco mistero. Infatti, esistono oltre trenta interpretazioni, eppure nessuna di esse fornisce una lettura definitiva dell’opera.
In questo articolo, dunque, analizzeremo alcune delle ipotesi più documentate, prendendo in considerazione gli studi di esperti nel settore.
Il linguaggio pittorico di Giorgione
Giorgione è noto per aver creato dipinti dal significato nascosto, i quali erano spesso commissionati da una clientela colta che, a sua volta, si informava attraverso i testi di Aldo Manuzio.
La Tempesta, in particolare, rappresenta un perfetto equilibrio tra luce e colore e, al tempo stesso, introduce un’innovativa espressione dei moti dell’animo.
Per comprendere meglio il contesto artistico, bisogna considerare la tecnica di Giorgione, conosciuta come pittura tonale.
Questa si sviluppò nel Veneto grazie all’influenza di Giovanni Bellini, il quale perfezionò l’uso della luce soffusa, creando così un armonico rapporto tra uomo e natura. Di conseguenza, Giorgione non solo adottò questa tecnica, ma la portò a un livello ancora più raffinato.
L’ambientazione e i personaggi
L’opera rappresenta un paesaggio naturale con un borgo sullo sfondo, alcune rovine e due figure in primo piano: una donna seminuda che allatta un bambino e, a sinistra, un uomo in piedi appoggiato a un’asta.
L’articolo è stato scritto per il sito La voce di Venezia: Clicca qui per il link La Voce di Venezia
La scena è immersa in un’atmosfera suggestiva, dominata da un cielo tempestoso e un fulmine che squarcia le nuvole. Questa visione naturalistica contribuisce alla sensazione di profondità e realismo, grazie alla modulazione dei toni cromatici.
L’interpretazione dell’opera
La committenza dell’opera è attribuita al collezionista Gabriele Vendramin, come riportato dallo storico Marcantonio Michiel (1484-1552), che descrisse il dipinto come un paesetto con la tempesta, con la cingana [zingara] e il soldato. Tuttavia, lo studioso Peter Humfrey ha ipotizzato che il personaggio maschile possa essere un pastore, un soggetto spesso presente nei poemi pastorali dell’epoca.
Secondo Edgar Wind, La Tempesta potrebbe essere un’allegoria pastorale, in cui la colonna spezzata simboleggia la Fortezza, una delle virtù cardinali. Nel linguaggio rinascimentale, “fortuna” significava “tempesta”, suggerendo un’interpretazione morale dell’opera legata all’importanza delle virtù per affrontare la vita. Wind sintetizza il concetto affermando:
«Sembrerebbe che il quadro di Giorgione sia un’allegoria pastorale in cui Fortezza e Carità sono state drammaticamente inserite in un contesto di Fortuna».
Altre teorie suggeriscono la rappresentazione di Venere e Marte, Mosè salvato dalle acque o persino la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre. In quest’ultima ipotesi, il fulmine simboleggerebbe la fiamma dell’angelo che li scaccia dall’Eden.
Per approfondire ulteriormente l’opera di Giorgione, ti invitiamo a leggere l’articolo dedicato all’Adorazione dei pastori, disponibile qui.

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Sono Manuela Moschin, scrittrice, nata a Venezia-Mestre e attualmente vivo e lavoro in provincia di Venezia. Ho conseguito la laurea in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, indirizzo Storia dell’Arte. La mia opera prima è “ātman”. Nel mese di maggio 2022 alcuni miei scritti sono stati selezionati per “Risveglio”, un’antologia a cura di Storie di Libri, mentre nel settembre dello stesso anno ho pubblicato il saggio “Le Metamorfosi di Ovidio nell’arte”, Espera Edizioni. Nel mese di marzo 2023 ho pubblicato assieme a mia madre Mirella Alberti, deceduta, la raccolta di poesie “Un giglio bianco al 4910” a cura di Storie di Libri. Collaboro in linea diretta con storiedilibri.com e diverse testate online. Dalla mia passione per le materie umanistiche nasce il blog librarte.eu, contenitore di articoli di storia dell’arte e recensioni di libri.