A cura di Manuela Moschin
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È il paesaggio il primo dettaglio che colpisce quando si osservano i dipinti di Giovanni Battista Cima da Conegliano (Conegliano, 1459/1460-1517/1518), il pittore che per creare le sue opere si ispirava a Giovanni Bellini e ad Antonello da Messina. Le stesure paesistiche naturali con riflessi cristallini, dove i cieli azzurri e nitidi ricordano le Prealpi venete, sono una boccata d’aria pura, che dona un senso di dinamica freschezza. Una sensazione che viene percepita anche ammirando la grande Pala Madonna col Bambino tra i santi Ludovico da Tolosa e Girolamo, detta Madonna dell’Arancio, datata 1496-1498 e dipinta per la chiesa francescana di Santa Chiara di Murano, ora custodita alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. La Sacra Conversazione, di influenza belliniana, è firmata IOA.BAPT.CONEGL. sul cartiglio posto in basso, il cui scenario pare sia ambientato a Conegliano, il paese natio del pittore, dove si riconoscono un castello e un borgo murato. Giovanni Battista si era trasferito a Venezia, la cui presenza è documentata dal 1486-1516/1518, ma le notizie relative alla sua vita sono scarse.
La Pala illustra Maria che non è seduta su un trono, ma su una roccia, dove alle sue spalle si erge un albero di arancio, da cui deriva il nome dell’opera. I suoi fiori simboleggiano la purezza di Maria, mentre il frutto dell’arancio si riferisce alla nuova Eva.
San Ludovico (1274-1297) consacrato vescovo di Tolosa, venne ritratto giovane, poiché morì a soli ventitré anni. Indossa un piviale ricamato con santi e motivi a giglio, come allusione alla sua parentela con i reali di Francia. Egli rinunciò al trono di Napoli per entrare nell’ordine francescano. San Girolamo (342-420) appare con la barba bianca e a torso nudo, mentre regge il sasso con il quale si è percosso. È un penitente scalzo, vestito solo parzialmente di cenci. Vicino alla roccia su cui siede la Vergine si scorge appena il muso del leone, la cui zampa ferita fu guarita da San Girolamo. Secondo l’interpretazione dello storico dell’arte Augusto Gentili, il coniglio bianco invece è il “simbolo di vigilanza e di solitudine contemplativa”. Vicino al coniglio si nota la presenza di un cervo, il quale allude al Salmo 42: “Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, Dio”.
Nella parte bassa dell’opera ci sono due pernici. Esse covano le uova dei nidi altrui, ma i pulcini quando nascono si ricongiungono alla madre naturale. Il racconto rievoca il cristiano per invitarlo a seguire la voce di Cristo. Dietro a San Ludovico si trova un cane come allusione alla fedeltà.
Anche gli arbusti e le piante raffigurate presentano simbologie ben precise, come l’edera che si riferisce alla croce di Cristo, simbolo di Resurrezione oppure l’ulivo, attributo della personificazione della pace. In lontananza si scorge Giuseppe con l’asino, indicante la fuga in Egitto.
Sono Manuela Moschin, scrittrice, nata a Venezia-Mestre e attualmente vivo e lavoro in provincia di Venezia. Ho conseguito la laurea in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, indirizzo Storia dell’Arte. La mia opera prima è “ātman”. Nel mese di maggio 2022 alcuni miei scritti sono stati selezionati per “Risveglio”, un’antologia a cura di Storie di Libri, mentre nel settembre dello stesso anno ho pubblicato il saggio “Le Metamorfosi di Ovidio nell’arte”, Espera Edizioni. Nel mese di marzo 2023 ho pubblicato assieme a mia madre Mirella Alberti, deceduta, la raccolta di poesie “Un giglio bianco al 4910” a cura di Storie di Libri. Collaboro in linea diretta con storiedilibri.com e diverse testate online. Dalla mia passione per le materie umanistiche nasce il blog librarte.eu, contenitore di articoli di storia dell’arte e recensioni di libri.